186_Forza alla giustizia sottoposta.jpg19-Bambini-aquilone.jpg21-Arcobaleno3.jpg5b-giustizia-aequam.jpga_regione2.jpgdea_giustizia1.jpggiustizia-dea-638x425.jpggiustizia-toghe.jpggiustizia.jpggiustizia99.jpgla_legge_uguale2.jpgmatite.jpgpal-giustizia-36.jpgprocura_repubblica.jpgregione3.jpgsostegno-39-1440x450.jpgy_regione.jpg

Contenzione: nuove linee di indirizzo regionali

User Rating:  / 0
PoorBest 

Torino, 18 gennaio 2023

LE NUOVE  ''LINEE DI INDIRIZZO REGIONALI IN MATERIA DI UTILIZZO DEI PRESIDI DI SICUREZZA CHE LIMITANO I MOVIMENTI DEI PAZIENTI'' APPROVATE DALLA REGIONE PIEMONTE

 

 Con la Determina dirigenziale 15 novembre 2022, n. 2139 (pubblicata sul BU n. 49 del 07/12/2022) la Regione Piemonte ha approvato le “Linee di indirizzo regionali in materia di utilizzo dei presidi di sicurezza che limitano i movimenti dei pazienti'', in conformità agli obiettivi individuati ex DD. n. 1223/A1400A/2020 del 21.10.2020.

 Le Linee di indirizzo hanno lo scopo di fornire alle Aziende sanitarie regionali raccomandazioni multidisciplinari per circoscrivere l’utilizzo di presidi di sicurezza che limitano i movimenti dei pazienti a casi davvero eccezionali, nonché disciplinare la durata e le modalità di applicazione.

 Nel dispositivo è ricordato che «con Determinazione n. 1223 del 21 ottobre 2020 recante “Approvazione del Programma regionale per la gestione del rischio clinico 2020-2022” sono state previste, a livello regionale, azioni finalizzate ad una ricognizione delle procedure in atto presso le ASR - con particolare riguardo alla contenzione meccanica - e, sulla base degli esiti di tale rilevazione, sono stati predisposti indirizzi che, seppure nell’ottica del superamento della contenzione, garantiscano comportamenti omogenei e rispettosi dei principi di libertà e dignità umana nonché delle norme di legge, in quei casi eccezionali in cui si renda necessario prevenire situazioni di rischio nell’ambito di contesti difficili, prevalentemente caratterizzate sul piano clinico da stati di confusione mentale e, su quello assistenziale, da una limitata o assente collaborazione alle cure».

 «L’esigenza è quella di circoscrivere gli atti di contenzione meccanica a predeterminati limiti situazionali e temporali prevedendo una preventiva valutazione delle condizioni cliniche del paziente – incluso il rischio caduta e la presenza di disturbi psico-comportamentali – e dell’impossibilità di porre in atto strategie alternative, e prevedendo, altresì, una rivalutazione periodica del paziente, sia con riguardo agli effetti secondari della contenzione che alla necessità di provvedere alla rimozione od al mantenimento della stessa.

 È altresì specificato che il provvedimento non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.

 Le “Linee di indirizzo regionale in materia di utilizzo dei presidi di sicurezza che limitano i movimenti dei pazienti”, si suddividono in una Premessa e in cinque Capitoli:

  1. Finalità documento e ambito di applicazione,
  2. Forme di contenzione,
  3. Aspetti giuridici e deontologici,
  4. Strategie di prevenzione e modalità esecutive,
  5. Informazioni al paziente/caregiver e formazione agli operatori.

 

Nella Premessa è ricordato che «Le criticità si manifestano specialmente nel contesto psichiatrico e, dato l’aumento del numero di anziani con deficit cognitivi, in quello geriatrico».

 È sottolineato che «La contenzione non è atto terapeutico e non ha finalità preventiva, di cura o riabilitazione.

«Le motivazioni addotte per l’adozione di questa pratica sono quasi sempre la sicurezza del paziente e la riduzione dei potenziali rischi, quali le cadute o i possibili danni a sé o ad altri per la presenza di disturbi comportamentali.

«Il ricorso può, altresì, dipendere da una serie di variabili estrinseche, tra cui: la conoscenza o meno di alternative, vere o presunte carenze di personale d’assistenza, timori tra gli operatori di essere coinvolti in azioni di responsabilità, convinzioni personali ed etiche degli operatori sanitari, grado di accettazione del rischio di caduta o di un comportamento reattivo del paziente, condizioni organizzative della struttura e rischio di allontanamento».

 L’uso della contenzione deve «essere limitato a circostanze eccezionali:

- situazioni di emergenza in cui il comportamento del paziente rappresenti un immediato pericolo per sè e/o per gli altri e l’uso della contenzione non abbia alternative per la presenza di uno stato di necessità;

- rischio di rimozione di presidi medicali, da parte del paziente (es: tubo endotracheale, ecc…), specialmente quando necessari per l’ immediato benessere e la tutela del paziente; e dev’essere attuata con strategie atte a minimizzarne gli effetti come:

- monitoraggio e audit;

- utilizzo di procedure specifiche;

- interventi ambientali;

- formazione del personale volta a favorire interventi comportamentali, quali tecniche da adottare per l’assistenza al paziente non pienamente collaborativo e/o a gestire il rapporto con il paziente violento/aggressivo tendendo a recuperare la relazione con lo stesso.

 

Il capitolo 1 riporta le FINALITA’ DOCUMENTO ED AMBITO DI APPLICAZIONE.  Destinatari delle linee di indirizzo «sono tutte le strutture sanitarie e socio-sanitarie in cui venga prestata assistenza, sia in ambito acuto che cronico (strutture ospedaliere, di riabilitazione, di lungodegenza, RSA, Comunità terapeutiche, ecc…)».

 Nel capitolo 2 sono richiamate e descritte le diverse forme di contenzione: quella fisica, quella meccanica (verosimilmente la più pericolosa e la più invasiva), quella chimica (somministrazione di farmaci), la contenzione ambientale e tecnologica, e la contenzione psicologica o relazionale o emotiva.

 Nel sotto-capitolo I si evidenza come le «suddette forme di contenzione possono riguardare due differenti tipologie cliniche di pazienti:

 «1. Paziente non collaborante che non è in grado di esprimere né il consenso, né il dissenso alle cure (tra cui i soggetti con disabilità fisica e/o psichica, non autosufficienti).

 «2. Paziente che esprime il proprio dissenso o aperto rifiuto alle cure.

 Nel sotto-capitolo II è fatta poi distinzione tra dispositivi di limitazione del movimento che, in base alle finalità per le quali vengono utilizzati, possono essere considerati, alternativamente, mezzi di contenzione o ausili riabilitativi.

 È precisato che «l’utilizzo di ausili, non costituisce ricorso a misura di contenzione. Ad esempio, un tavolino della carrozzina usato per sostenere una parte del corpo (es. arto superiore nella persona emiplegica) o per appoggiare oggetti utili nello svolgimento di attività funzionali (es. alimentazione o cura della persona) o ancora bretellaggio per posturare correttamente una persona (es. paziente con scarso controllo del tronco) non rappresentano mezzi di contenzione.

«Al contrario, i presidi applicati direttamente al corpo della persona o ad esso adiacenti (es. polsiere, cinture, fasce, corpetti, tavolini) utilizzati non per aiutare una persona aumentando le sue capacità funzionali ma allo scopo di ridurre o impedire la libertà di movimento della persona sono univocamente considerati mezzi di contenzione meccanica.

 Sempre con riguardo alla duplice accezione dei presidi – che, in base all’uso, possono essere considerati, alternativamente, mezzi di contenzione o presidi riabilitativi - un ulteriore approfondimento è condotto con riguardo all’uso delle “sponde”.

«Al riguardo occorre preliminarmente distinguere fra:

- sponde integrali ovvero quelle sponde laterali che sono completamente occlusive e che non possano essere aperte dal paziente; si tratta di sponde intere che coprono tutta la lunghezza del letto;

- semi-sponde modulabili che possono essere sollevate in modo da permettere alla persona assistita di scendere dal letto - nel caso in cui queste vengano mantenute entrambe sollevate sono considerate equivalenti alle sponde integrali poiché diventano completamente occlusive.

«La letteratura di riferimento sul tema della contenzione evidenzia la duplice interpretazione sull’uso delle sponde:

come contenzione: le sponde integrali sono considerate una forma di contenzione se usate per contrastare la volontà della persona di alzarsi dal letto;

come ausilio: quando, in presenza di un operatore sanitario impegnato nello svolgimento di pratiche assistenziali, sono utilizzate per favorire la mobilizzazione autonoma nel letto della persona assistita o per proteggerla da un potenziale rischio di scivolamento, rotolamento e conseguente caduta accidentale dal letto.

«Le sponde integrali non sono mai da considerare un ausilio se sollevate entrambe, in quanto limitano inevitabilmente la libertà di movimento della persona.

«Al contrario le sponde parziali non occlusive, che permettono alla persona assistita di uscire dal letto e non limitino la sua libertà di muoversi, non costituiscono uno strumento di contenzione;

nonostante ciò, anche l’utilizzo di tali sponde porta con sé dei potenziali rischi, soprattutto in presenza di persone agitate, disorientate e confuse, pertanto se ne consiglia un uso oculato. Se la persona si trova su una barella o durante il trasporto su letto/barella, le sponde integrali rappresentano un mezzo di protezione e devono essere utilizzate.

 È poi sottolineato che «Non devono, invece, esser considerate procedure contenitive le seguenti:

- applicazione di gessi ortopedici;

- utilizzo di bracciali o tutori che impediscono la flessione del braccio durante un’infusione venosa;

- impiego di ausili e dispositivi di protezione di uso temporaneo per: fornire un supporto nel mantenimento di una corretta postura (es. cintura/pettorale per la persona in carrozzina) e, nel contempo, prevenire traumi da caduta; garantire la sicurezza del trasporto in barella;

- i mezzi utilizzati nel contesto della sala operatoria al fine di permettere l’immobilità della persona durante l’intervento chirurgico e per il tempo di permanenza nel blocco operatorio (es. cinghie, immobilizzatori di arti, sponde, ecc…).

 L’utilizzo di questi dispositivi va comunque indicato nella  documentazione medica e/o infermieristica, così come i controlli effettuati per il loro impiego sicuro ed appropriato.

E’ inoltre necessario fornire alla persona l’informazione rispetto al loro utilizzo.

 Nel capitolo 3. ASPETTI GIURIDICI E DEONTOLOGICI  sono richiamate le principali norme in materia, unitamente a quanto prevedono alcuni codici deontologici professionali, in particolare dell’infermiere, del medico, del fisioterapista e dell’educatore professionale.

 Nel capitolo 4 sono indicate le STRATEGIE DI PREVENZIONE E MODALITA’ ESECUTIVE

 Ricordando che «Come precisato dalla Raccomandazione ministeriale n. 13/2008 “La contenzione deve essere applicata limitatamente ai casi strettamente necessari (…) dopo aver corretto le cause scatenanti ed adottato ogni possibile strategia assistenziale alternativa ad essa, che comprenda interventi relazionali, interventi sull’ambiente ed il coinvolgimento del paziente stesso, dove possibile, e del suo nucleo familiare, favorendone la presenza continua e la collaborazione. La contenzione non deve essere utilizzata come alternativa all’osservazione diretta, alla presenza di personale preparato e in numero adeguato alle esigenze assistenziali.”

 Sono altresì illustrate le strategie di prevenzione che dovranno esser messe in atto dal personale sanitario a fronte di condizioni di disagio o di malessere della persona assistita che possono generare situazioni di rischio.

«Al fine della corretta valutazione multidisciplinare e multidimensionale della persona assistita è indispensabile che si condividano in équipe le possibili situazioni di disagio e di rischio e che vengano registrate nel diario clinico medico/infermieristico.

A fine esemplificativo, nella Determina è stata predisposta una tabella di sintesi utile per la valutazione preliminare delle situazioni di rischio.

 Nel sotto-capitolo delle  MODALITÀ ESECUTIVE è indicato che una volta «esperiti tutti i tentativi, l’uso dei presidi di sicurezza può essere attuato solo su disposizione medica, o attivato dall’infermiere ma convalidato dal medico nel più breve tempo possibile, e deve sempre comprendere: motivazione;  tipo di presidio;  durata dell’utilizzo del presidio.

La scelta deve essere limitata al tempo minimo indispensabile, con le adeguate precauzioni durante l’applicazione, coinvolgendo il paziente stesso, laddove possibile, e dandone informazione tempestiva ai familiari/caregiver».

 Nel sotto-capitolo MONITORAGGIO DELLA PERSONA ASSISTITA è

indicato che «durante il periodo di utilizzo dei presidi che limitano il movimento occorre - ad intervalli regolari stabiliti, di volta in volta, secondo il piano individualizzato messo a punto in base alle condizioni cliniche della singola persona assistita, alla tipologia del mezzo di contenzione utilizzato ed ai rischi ad esso connessi - eseguire la rivalutazione medica ed assistenziale al fine di valutare l’evoluzione della condizione psichica e comportamentale, per individuare le situazioni che consentano tempestivamente di interrompere l’intervento di contenzione.

Almeno ogni due ore, e sotto costante supervisione, la contenzione dev’essere interrotta – per non meno di dieci minuti – allo scopo di consentire alla persona assistita di muovere liberamente gli arti, il busto e il capo.

La durata dell’atto contenitivo non dovrebbe, di norma, superare le dodici ore consecutive, potendo prolungarsi fino ad un massimo di ventiquattro ore solo nei casi in cui sussistano idonei elementi giustificativi e previa rivalutazione - in ordine alla reale necessità – da effettuare dopo dodici ore dall’applicazione. Oltre le ventiquattro ore, qualora sussistano le condizioni per la necessaria prosecuzione del trattamento, la contenzione potrà essere prolungata solo attraverso una nuova indicazione del medico di reparto.

Nelle rivalutazioni il medico e infermiere devono accertare l’eventuale insorgenza di lesioni traumatiche (ematomi, ecchimosi, ferite, lacerazioni) non presenti prima dell’utilizzo dei presidi.

Le azioni di monitoraggio dovranno essere riportate in apposita scheda di monitoraggio (…) conservata nella documentazione clinica del paziente».

 Seguono ULTERIORI RACCOMANDAZIONI DA ATTUARE DURANTE IL PERIODO DI UTILIZZO DEI PRESIDI, quali:

«- utilizzo del minimo livello di contenimento possibile;

- utilizzo per il minor tempo possibile;

- rivalutazione frequente della necessità di utilizzo;

- applicazione dei presidi di sicurezza e degli ausili antiscivolamento nel rispetto delle indicazioni fornite dal costruttore;

- osservazione della persona durante il periodo di utilizzo;

- garanzia al paziente della possibilità di movimento ed esercizio;

- monitoraggio dei parametri vitali (pressione arteriosa, frequenza cardiaca, saturazione, temperatura);

- idratazione, nutrimento, accompagnamento in bagno della persona;

- valutazione degli eventuali effetti dannosi direttamente attribuibili all’utilizzo dei presidi di sicurezza limitanti i movimenti dei pazienti, quali abrasioni o ulcere da decubito;

 Sono poi riportate le possibili COMPLICANZE DELL’UTILIZZO DEI PRESIDI DI SICUREZZA, «che limitano i movimenti, per scongiurare le quali occorre un puntuale monitoraggio oltre  ad un utilizzo del minimo livello di contenimento possibile e per il minore tempo possibile».

Tra queste sono riportate le lesioni muscolo scheletriche e nervose, le lesioni ischemiche, la trombosi venosa profonda, asfissia e morte.

 Il capitolo 5 riguarda l’ INFORMAZIONE AL PAZIENTE/CARE GIVER E FORMAZIONE AGLI OPERATORI

 «Nella valutazione preliminare delle situazioni di rischio nonché delle azioni ritenute opportune e/o poste in essere dal personale sanitario sono coinvolti e informati, in modo completo ed esaustivo, il paziente e i suoi familiari/rappresentanti legali/caregivers.

L'informazione adeguata e tempestiva, resa nel rispetto della normativa vigente, dovrà essere chiara e comprensibile; rappresenta un momento necessario e importante sia per l'interessato sia per i familiari/caregivers che possono prestare la loro fattiva collaborazione per l’adozione di

idonee strategie di contesto finalizzate all’attenuazione e al superamento delle situazioni di rischio presenti.

«A tal fine si può prevedere che i professionisti o gli operatori provvedano ad informare i familiari/caregivers della persona assistita sia con riguardo alla valutazione preliminare delle situazioni di rischio ambientale e del paziente sia con riguardi alle azioni/strategie di contesto ritenute opportune e/o da porre in essere e/o intraprese dal personale sanitario.

«Tali informazioni, nonché la presa visione delle stesse da parte dei famigliari/caregivers, dovranno essere documentate nell’ambito della cartella sanitaria assistenziale del paziente/ospite.

«Risulta altresì necessario istituire un programma formativo continuativo specifico rivolto al personale medico ed infermieristico e momenti strutturati di discussione e condivisione delle equipe successivi agli episodi di aggressione con eventuale aggiunta di supervisione e/o consultazione di esperti esterni alle equipe.

Nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie dovranno essere previsti periodici momenti di monitoraggio sulla corretta applicazione delle Linee di indirizzo appositamente documentati».

 

Considerazioni

 La Determinazione regionale in oggetto non richiama esplicitamente il previsto Accordo per il superamento della contenzione meccanica tra Regioni e Comuni con il Ministero della salute per il triennio 2021-2023.

Ricordiamo nel merito che nel giugno 2021 il Ministro della Salute ha inviato alle Regioni e ai Comuni, per un primo esame, il testo di un Accordo per il superamento della contenzione meccanica nell’arco di un triennio. La bozza di accordo al suo interno contiene un documento con le raccomandazioni da seguire per arrivare all’obiettivo di promuovere il «definitivo superamento della contenzione meccanica in tutti i luoghi della salute mentale in un triennio».

 Nel documento il Ministero fornisce sette raccomandazioni che dovranno essere adottate dalle Regioni:

1. Attivare percorsi di riconoscimento delle pratiche limitative delle libertà personali;

2. Assumere iniziative per conoscere e monitorare la contenzione meccanica;

3. Garantire le attività di formazione a tutte le operatrici e gli operatori;

4. Rispettare i diritti e la dignità delle persone;

5. Organizzare servizi di salute mentale e di NPIA (NeuroPsichiatria Infanzia Adolescenza) integrati,

inclusivi e radicati nel territorio;

6. Garantire la qualità dei luoghi di cura e l’attraversabilità dei servizi;

7. Promuovere il lavoro di equipe e il lavoro in rete.

 Seppure «nell’ottica del superamento della contenzione» come indicato nel capitolo 1 “Finalità documento ed ambito di applicazione”, la Determinazione in oggetto, come abbiamo visto, risponde solo in parte a queste raccomandazioni e prevede per lo più indicazioni generiche e non prescrittive.

 Rimane in sospeso poi l’importante questione della verifica dell’osservanza da parte del personale preposto alle indicazioni previste nella Determinazione in materia di contenzione.

 In merito, appare fondamentale quale deterrente ad un eventuale abuso dei mezzi di contenzione, la presenza vigile da parte dei familiari/tutori/amministratori di sostegno dei malati, con la loro possibilità di fare visita in qualunque momento e in qualsiasi luogo all’interno della struttura di ricovero.

Così pure occorre riconoscere l’importanza delle azioni di vigilanza da parte delle associazioni di tutela degli utenti, a cui si aggiungono quelle istituzionali previste dalle Commissioni di vigilanza delle Asl financo alle visite dei Nas dei Carabinieri.

 Nulla di tutto ciò è considerato nella Determinazione in oggetto, con il rischio che le disposizioni ivi contenute, al di la di un adeguamento normativo nonchè culturale, rimangano lettera morta.

 Giuseppe D’Angelo

Joomla templates by a4joomla