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Intervento nei confronti del Giudice tutelare

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LA TUTELA DEI CASI INDIVIDUALI: INTERVENTO DELLA FONDAZIONE PROMOZIONE SOCIALE ONLUS NEI CONFRONTI DEL GIUDICE TUTELARE

(Tratto da PROSPETTIVE ASSISTENZIALI, n. 211, 2020)

  

Quello di seguito riportato è un estratto da una comunicazione al Giudice tutelare, relativa ad un caso di difesa dei diritti dei malati seguito dalla Fondazione promozione sociale onlus in Regione Lombardia. Dopo la rivendicazione scritta dei diritti del malato da parte dei parenti con opposizione alle dimissioni, l’Asst (Azienda socio-sanitaria territoriale) ha richiesto al Giudice tutelare – e purtroppo ottenuto – la nomina di un Amministratore di sostegno esterno al nucleo familiare per il malato. Da notare che la figlia della paziente aveva presentato la richiesta per essere nominata Amministratrice di sostegno ben prima della segnalazione da parte dell’Asst, che ha invece sostenuto la presunta illegittimità del comportamento della figlia con argomenti non corrispondenti alla legislazione vigente (si veda per il dettaglio l’allegato 1 al presente articolo). Il Giudice si è però pronunciato senza neppure sentire i familiari e tantomeno entrare nel merito della questione. I nominativi ed i riferimenti delle persone, degli Enti e dei luoghi interessati sono stati oscurati per motivi di riservatezza. La documentazione integrale è custodita negli archivi della Fondazione promozione sociale onlus.

 

 

Lettera al Giudice tutelare

Ill.mo Giudice tutelare del Tribunale di ***, II Sezione Civile

 

In relazione al caso della Sig.ra ***, anziana malata cronica non autosufficiente, si ritiene di dover presentare le seguenti precisazioni:

1. La Sig.ra ***, anziana malata cronica non autosufficiente, viene ricoverata in data 26 marzo 2020 presso l’Ospedale *** a seguito di una frattura al femore. Sino ad allora, la figlia della paziente, Sig.ra *** si è fatta carico volontariamente di sua madre, Sig.ra ***, presso il proprio domicilio, benché persona malata non autosufficiente, come risulta dalla certificazione Inps, che ha riconosciuto l’invalidità al 100% con diritto all’indennità di accompagnamento.

2. Il 6 aprile 2020, a fronte di proposta di dimissioni della paziente malata cronica, non più autosufficiente, affetta da sordità, con demenza, totalmente allettata, senza proposta di prestazioni domiciliari e presa in carico dell’Asst ***, previo consulto con la Fondazione promozione sociale onlus, la Sig.ra *** procede all’invio delle lettere raccomandate A/R alle istituzioni preposte (…) con la quale si oppone alle dimissioni, come previsto dalle norme vigenti a tutela della salute della madre, richiedendo  la prosecuzione della continuità terapeutica in base alle norme vigenti tramite percorso di cure intermedie per riabilitazione per valutare se è pensabile un rientro al domicilio.

In merito si ricorda che:

- la paziente, Sig.ra ***, in quanto malata cronica non autosufficiente, ai sensi dell’articolo 2 della legge 833/1978 il quale prevede che il Servizio sanitario debba assicurare «la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali ne siano le cause, la fenomenologia e la durata», ha diritto alle cure sanitarie senza limiti di durata;

- la Sig.ra *** non intende assumere volontariamente responsabilità e oneri per garantire tutte le prestazioni di cui la paziente necessita. Ai sensi dell’articolo 23 della Costituzione «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge» ed il Parlamento mai ha approvato norme per assegnare ai congiunti degli infermi – compresi quelli non autosufficienti – compiti spettanti per legge in capo al Servizio sanitario nazionale. Gli articoli 433 e seguenti del codice civile non riguardano le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie. La legge 1531/1930 (diritto di rivalsa) è stata inoltre abrogata nel 2010 (con DPR 248/2010);

- l’opposizione alle dimissioni è stata attivata ai sensi dell’articolo 41 della legge 12 febbraio 1968 n. 132, dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1985 n. 595 e dell’articolo 14, n. 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 che consentono ai cittadini di presentare osservazioni e opposizioni in materia di sanità;

- nella sua citata opposizione alle dimissioni, la Sig.ra *** ha dichiarato la disponibilità ad accettare sin da subito il  trasferimento della paziente malata cronica non autosufficiente in altro reparto dello stesso ospedale, in altra struttura sanitaria o socio-sanitaria, compreso l’inserimento in una struttura residenziale socio-sanitaria (Rsa) con la compartecipazione del Servizio sanitario regionale e la parte restante a carico dell’utente/Comune, in base al Dpcm 15/2017 che regolamenta le prestazioni socio-sanitarie previste dai Livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria (articoli 1 e 30), richiamata nella lettera allegata;

- ai sensi della legge 241/1990 e s.m.i., la Sig.ra *** ha richiesto risposta scritta alla sua istanza, che non risulta sia mai pervenuta.

3. Successivamente alla sua lettera di opposizione alle dimissioni, la Sig.ra ***, facendo anche seguito ad un incontro intercorso con i medici dell’ospedale e dell’Asst ***, comunica con lettera raccomandata A/R dell’11 aprile 2020 di voler confermare la propria opposizione alle dimissioni e la propria richiesta di continuità terapeutica in favore della paziente anziana malata cronica non autosufficiente e chiede l’attivazione dell’Unità di valutazione multidimensionale al fine di garantire la predisposizione di un progetto personalizzato per l’accesso alle prestazione socio-sanitarie ai sensi di quanto previsto dalla normativa vigente sui Lea.

4. Alle istanze della Sig.ra *** non risponde né il Direttore generale dell’Ats [Agenzia di tutela della salute, n.d.r.] né il Direttore generale dell’Asst ***, ma interviene il Dirigente dell’Ufficio Affari generali e legali della stessa Asst, con la mail dell’8 aprile 2020 il quale sostiene che «la dimissione non è potuta avvenire in quanto nessuno dei congiunti ha dato la disponibilità a farsi carico dell’assistenza della paziente al domicilio e Lei (…), che è stata più volte contattata in quanto figlia e persona di riferimento della Sig.ra ***, ha ripetutamente rifiutato di prestare la necessaria collaborazione».

5. La Sig.ra ***, risponde con mail dell’11 aprile 2020, con la quale ribadisce la sua piena disponibilità ad accettare il trasferimento della madre in altra struttura – come indicato espressamente nella sua lettera raccomandata A/R di opposizione alle dimissioni – e ricorda che, come riconosciuto dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1858/2019, con riferimento all’articolo 30 del Dpcm 12 gennaio 2017, «la previsione di un limite temporale di durata del trattamento estensivo fissata in 60 giorni (…) non è cogente», come disposto dall’articolo 2 della sopra richiamata legge 833/1978.

Richiama inoltre le norme – sopra citate – in base alle quali la figlia, così come ogni altro familiare, non ha obblighi di legge in merito alle prestazioni sanitarie che devono essere fornite alla persona non autosufficiente, prestazioni di esclusiva competenza del Servizio sanitario nazionale.

6. In risposta alle istanze della Sig.ra ***, il Dott. ***, primario dell’Ospedale ***, sposta da un giorno all’altro la paziente in un altro reparto, senza riferire alla figlia dove la madre sia stata trasferita e come stia. Pretende inoltre che lei convochi i fratelli, altrimenti non gliela farà vedere. Si tratta di una vessazione inaccettabile nei confronti di una malata allettata e con demenza, salvo vi siano condizioni cliniche che lo esigono [quale ad esempio l’epidemia di coronavirus, n.d.r.].

7. La Sig.ra *** è costretta a sporgere denuncia ai Carabinieri del Nas competenti, che trasmette ad Ats ed Asst: solo così viene a sapere che la madre è stata spostata perché positiva al tampone e viene attivata la possibilità di effettuare videochiamate per salvaguardare la relazione.

8. La Sig.ra *** presenta richiesta di nomina ad Amministratore di sostegno della madre al Tribunale di ***, in data 24 aprile 2020 come le era stato indicato dal servizio sociale dell’ospedale al quale si era rivolta per essere aiutata nella domanda, ma dal quale ha ottenuto solo la consegna di un modulo. Il 13 maggio 2020 ricevela comunicazione dell’Avvocato che è stato nominato come Amministratore provvisorio al suo posto, dal Giudice tutelare, a seguito segnalazione dello stesso Dott. ***, cosa di cui nessuno l’aveva avvisata.

Da quanto successo, emerge che l’unico aiuto fornito dal Servizio sanitario lombardo ad una figlia che si è sempre fatta carico a casa propria della madre anziana non autosufficiente di anni 92 – adesso totalmente non autosufficiente e con demenza – è quello di metterla da parte nel momento in cui chiede all’Asst le cure sanitarie e socio-sanitarie previste dalle norme vigenti per garantire il percorso di cura migliore a sua madre dopo una rottura al femore.

9. La Sig.ra ***, su indicazione della segreteria del Giudice tutelare, si mette in contatto con l’Amministratore di sostegno provvisorio e la informa della richiesta di cure intermedie, previste dalla Regione Lombardia, avanzata con le sue lettere raccomandate del 6 aprile 2020 e dell’11 aprile 2020. Chiede inoltre di poter essere informata circa le condizioni cliniche della madre, che le sono state sempre negate dal primario con il pretesto che non era ancora amministratore di sostegno: da notare che la figlia inoltra la richiesta il 24 aprile 2020 e che la segnalazione del Dott. *** è del 4 maggio 2020, quindi successiva, per cui non si comprende per quale ragione si proceda alla nomina dell’Amministratore di sostegno provvisorio senza sentire la figlia che, ai sensi del codice civile avrebbe diritto di essere consultata per prima, salvo fatti gravi.

10. L’Amministratore di sostegno provvisorio chiede al medico informazioni sullo stato di salute della paziente e apprende che è in condizioni tali da non poter essere curata a casa (servono almeno tre badanti, mentre prima per i medici la figlia poteva sicuramente farcela da sola). Da notare che, nel momento in cui la figlia cita la delibera della Regione Lombardia che prevede le cure intermedie (Dgr. N. X/3383/2015), queste vengono organizzate in un batter d’occhio in attesa di individuare una Rsa, perché il domicilio non è assolutamente praticabile, anche per le difficoltà causate dalla situazione di emergenza per il covid-19. Da rilevare che la struttura sanitaria nella quale viene trasferita il 20 maggio 2020 la paziente, Sig.ra ***, è purtroppo distante 70 km (140 andata e ritorno) e non può di certo facilitare il bisogno di sostegno materiale e morale di pazienti in queste condizioni”.

 

Conclusioni

La figlia chiederà al Giudice di unificare le due procedure e di nominare lei come Amministra­tore di sostegno. L’Amministratore provvisorio segue l’iter avviato dalla figlia e la madre prosegue il ricovero e continua a ricevere cure attente dal personale fino al decesso, che avviene prima della conclusione della procedura av­viata.

La signora *** è riuscita ad assicurare alla madre le cure che non era in grado di garantire a casa. Ci ha ringraziato per il sostegno, ancora incredula per le tante falsità e vessazioni subite solo per aver chiesto quello che prevede la legge.

 

 

 

ALLEGATO 1

SINTESI DELLE INFORMAZIONI NON CORRETTE FORNITE DA PARTE DEL PERSONALE, SANITARIO E NON, DELLA STRUTTURA E DELL’ASST

 

Cosa è stato comunicato

 

1. Legale Asst: «la dimissione non è potuta avvenire in quanto nessuno dei congiunti ha dato disponibilità a farsi carico dell’assistenza della paziente a domicilio (…) e Lei (…) ha ripetutamente rifiutato di prestare la necessaria collaborazione».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Legale Asst: «dal momento in cui la paziente risulta dimissibile, vengono meno le ragioni cliniche della sua permanenza in ospedale, le sole che giustificano la copertura dei costi di degenza a carico dell’Asst e del Ssr. I costi di tale ricovero non possono, in base alle normativa vigente, gravare sull’Asst e sul Ssr e dovranno pertanto essere rimborsate dalla signora ***» o dai soggetti tenuti agli obblighi alimentari.

 

 

 

 

 

 

3. La Caposala Le avrebbe riferito che l’opposizione non ha valore in quanto i fratelli non l’hanno firmata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4. La Direttrice dell’Ospedale *** avrebbe lamentato il fatto che la signora non è collaborativa dicendo che sia lei che i suoi fratelli potrebbero essere chiamati a rispondere di abbandono di incapace.

 

Dov’è l’errore 

 

1. I congiunti degli infermi – compresi quelli non autosufficienti – non hanno l’obbligo di accettare le dimissioni del paziente a meno che non siano volontariamente disponibili a farlo.

L’articolo 32 della Costituzione e la legge 833/1978 stabiliscono chiaramente che il compito di assicurare il «fondamentale» diritto alla salute sia di competenza dello Stato (e non dei congiunti del malato) e che il Servizio sanitario è tenuto ad assicurare «la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali ne siano le cause, la fenomenologia e la durata» (art. 2, l. 833/78).

 

2. La sentenza n. 1858/2019 del Consiglio di Stato, dopo aver confermato che non esiste un limite temporale al diritto alle cure, ha inoltre precisato che «ove permangano le esigenze di un trattamento estensivo gli oneri resteranno dunque a carico del Servizio sanitario nazionale».

E’ poi da sottolineare che non è pertinente il richiamo ai soggetti obbligati al versamento degli alimenti (ax art. 433 cc), poiché è diversa la natura della questione: si tratta infatti di diritto alla salute, non di alimenti.

Inoltre, dimentica il legale dell’Asst che gli alimenti possono essere richiesti solamente dal beneficiario o da suo legale rappresentante (ex art. 438 cc).

 

3. L’opposizione alle dimissioni è una dichiarazione personale, con cui chi la sottoscrive dichiara di non essere disposto ad assumere un obbligo che non gli spetta sulla base delle norme vigenti e richiede al soggetto obbligato – il Servizio sanitario nazionale, nella figura del Direttore generale dell’Asl competente per la residenza dell’infermo – di garantire la continuità diagnostica e terapeutica assicurata dalle leggi vigenti.

Ognuno dei fratelli potrebbe quindi firmare una propria personale opposizione alle dimissioni o anche – qualora vi fosse volontariamente disposto – accettare le dimissioni ed assumersi in proprio le relative responsabilità civili, penali ed economiche.

 

4. Si ricorda che la presentazione dell’opposizione alle dimissioni, possibilità prevista dalle leggi vigenti (articolo 41 della legge 12 febbraio 1968 n. 132, articolo 4 della legge 23 ottobre 1985 n. 595 ed articolo 14, n. 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, tutti richiamati nel fac-simile della lettera di opposizione alle dimissioni), non solo non integra alcun reato – men che meno l’abbandono di persona incapace –, ma è anzi lo strumento che il congiunto che non ha la possibilità di assumersi volontariamente la responsabilità della continuità delle cure prevista dalle leggi vigenti può utilizzare per chiedere al Servizio sanitario nazionale – unico soggetto su cui grava per legge tale responsabilità (legge 833/1978) – di assicurare al malato non autosufficiente la continuità diagnostica e terapeutica senza la quale verrebbe messa a repentaglio la sua stessa sopravvivenza.

 

 

Allegati:
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